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Lo Zenzero (Zingiber officinale): Il Potenziale Chemio-Preventivo dalla Natura
Di Corrado Cianchino P.h.D e Salvatore Calleri NatMed
L'antica saggezza popolare e la moderna biologia molecolare convergono sull'eccezionale valore dello zenzero, non solo come spezia, ma come vero e proprio pilastro della nutraceutica. Sebbene sia cruciale riconoscere i limiti attuali della ricerca e non confondere un integratore con una cura oncologica, la scienza ha dimostrato che i principi attivi dello zenzero possono svolgere un ruolo significativo nella prevenzione e nel supporto alle terapie convenzionali.
La Chimica Dietro la Radice: Gingeroli e Shogaoli
Lo zenzero contiene centinaia di composti bioattivi, ma i più studiati sono i fenoli pungenti: i gingeroli (abbondanti nello zenzero fresco) e gli shogaoli (che si formano per disidratazione dei gingeroli durante la cottura o l'essiccazione).
1. Il 6-Shogaol: L'Alleato del Rischio Zero
Il 6-shogaol, è un composto che ha attirato l'attenzione della comunità scientifica per la sua potenziale azione selettiva.
Proprietà del 6-Shogaol
Rilevanza Oncologica e Meccanismo
Tossicità Selettiva
Capacità di indurre la morte (apoptosi e autofagia) nelle cellule tumorali, pur essendo meno tossico per le cellule sane.
È stato dimostrato che colpisce le Cellule Staminali Cancerose (CSC), considerate la radice del tumore e responsabili delle recidive. Il 6-shogaol inibisce i meccanismi di auto-rinnovamento (es. la via di segnalazione Notch) di queste cellule, in particolare nel cancro al seno.
Potenziale di aumentare la sensibilità delle cellule tumorali a farmaci chemioterapici standard (es. Cisplatino) in alcuni modelli di tumori (es. testa-collo e polmone).
Il 6-gingerolo, predominante nello zenzero crudo, è un potente antiossidante e anti-infiammatorio.
La sua azione principale è quella di modulare le vie infiammatorie (come la NF-κB) che spesso alimentano la crescita tumorale. Il Dott. Bharat Aggarwal, ex direttore di ricerca al M.D. Anderson Cancer Center, ha dedicato gran parte della sua carriera a studiare come i fitochimici come i gingeroli e la curcumina possano spegnere l'infiammazione cronica, un precursore del cancro.
I Famosi Ricercatori nel Campo della Nutraceutica Oncologica
Oltre a figure storiche come il Dr. William Albrecht, Ph.D. (pioniere della biologia del suolo, che sottolineava come la salute della pianta sia lo specchio della salute umana), diversi ricercatori moderni hanno convalidato questi composti:
Dr. Young-Joon Surh e Dr. Zigang Dong (Università del Minnesota): Questi ricercatori di spicco nel campo della chemioprevenzione hanno co-firmato studi fondamentali che identificano il 6-shogaol come un candidato promettente contro il carcinoma polmonare non a piccole cellule.
Dr. D. S. D. G. Ray (e colleghi): Il loro lavoro sul cancro al seno ha fornito le prove più convincenti sull'efficacia selettiva del 6-shogaol contro le cellule staminali del cancro.
La Questione Cruciale: Crudo vs Cotto
La preparazione dello zenzero è fondamentale perché modifica la concentrazione dei suoi principi attivi.
Metodo di Consumo
Componente Principale
Benefici Primari
Utilizzo Consigliato
Zenzero Crudo (Fresco)
Gingeroli (soprattutto 6-Gingerolo)
Antinausea (efficace contro la nausea da chemioterapia o gravidanza), antinfiammatorio acuto, miglioramento della digestione.
Grattugiato fresco in smoothie, insalate, o masticato (piccola quantità) per l'alito e la digestione.
Zenzero Cotto o Essiccato
Shogaoli (soprattutto 6-Shogaol)
Potenziale Antitumorale e Antiossidante Superiore (il 6-shogaol ha un'attività antiossidante e anti-tumorale più intensa del gingerolo, sebbene sia in dosi più concentrate).
Decotti, infusi, tisane lunghe, zenzero in polvere essiccata o aggiunta a piatti cotti.
Ricerche Chiave: La conversione dei gingeroli in shogaoli è significativamente indotta dal calore (sia secco che umido), rendendo l'estratto di zenzero essiccato o cotto la fonte più ricca di 6-shogaol.
Lo zenzero può essere integrato nella dieta quotidiana per sfruttare tutti i suoi effetti:
Per la Nausea (Gingeroli):
Masticare un piccolo pezzo di zenzero fresco (circa 1 grammo è il dosaggio clinico per la nausea).
Bere un bicchiere di acqua con 1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato.
Per l'Infiammazione e il Metabolismo (Gingeroli/Shogaoli):
Tisana Mattutina (Decotto): Far bollire 2-3 fette sottili di zenzero fresco in acqua per 10-15 minuti. Questo massimizza la conversione in shogaoli, rendendo la bevanda pungente e termogenica, ideale per stimolare il metabolismo.
Supporto Terapeutico (Estratti standardizzati):
In caso di necessità specifiche (come supporto in oncologia integrativa), è preferibile l'uso di estratti titolati in capsule, che garantiscono un dosaggio preciso di gingeroli e/o shogaoli (seguire sempre il consiglio di un medico o nutrizionista oncologico).
Una Medicina Integrata e Consapevole
Disclaimer Fondamentale: Come ben evidenziato nell'articolo originale, le terapie naturali non sostituiscono mai i trattamenti oncologici convenzionali. Chi affronta il cancro deve affidarsi ai protocolli medici validati.
La vera evoluzione è l'approccio integrato:
Unire la Scienza alla Natura: Utilizzare la moderna farmacologia per debellare il male, e la nutraceutica (validata dalla scienza) per rafforzare l'ospite (il paziente), mitigare gli effetti collaterali e potenzialmente inibire i meccanismi di recidiva.
Coltivare la Salute: Riscoprire che la qualità della salute inizia dalla qualità del cibo, che a sua volta dipende da un suolo vivo, pulito e fertile (un principio che sta tornando centrale anche nell'epidemiologia moderna).
Questa unione di approcci è la via più saggia per affrontare le malattie complesse del nostro tempo.
NUOVO STUDIO: Il vaccino antinfluenzale aumenta del 27% il rischio di influenza – Dati dalla Cleveland Clinic 2024-2025
Di Salvatore CalleriNatMed
Un nuovo studio condotto dalla Cleveland Clinic e pubblicato come preprint su MedRxiv ha sollevato interrogativi sull’efficacia del vaccino antinfluenzale durante la stagione virale respiratoria 2024-2025.
Secondo i dati analizzati, la vaccinazione non solo non avrebbe protetto dal contagio, ma sarebbe associata a un aumento del rischio d’influenza del 27%, con un’efficacia calcolata pari a −26,9%.
Contesto dello studio
Il lavoro, intitolato “Efficacia del vaccino antinfluenzale durante la stagione virale respiratoria 2024-2025”, è stato condotto tra i dipendenti della Cleveland Clinic in Ohio.
L’obiettivo era valutare quanto la vaccinazione antinfluenzale avesse realmente inciso sulla diffusione dell’influenza nel personale sanitario e amministrativo durante la stagione in corso.
Metodi di analisi
Sono stati inclusi 53.402 dipendenti in servizio al 1° ottobre 2024.
La ricerca ha confrontato l’incidenza cumulativa dell’influenza tra vaccinati e non vaccinati per un periodo di 25 settimane.
La protezione fornita dal vaccino è stata valutata tramite un modello di regressione dei rischi proporzionali di Cox, considerando variabili come:
Età
Sesso
Professione sanitaria o non sanitaria
Luogo di lavoro
I risultati principali
Dei 53.402 dipendenti, 43.857 (82,1%) hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale.
1.079 persone (2,02%) hanno contratto l’influenza durante lo studio.
L’incidenza cumulativa è risultata inizialmente simile tra i due gruppi, ma ha aumentato più rapidamente tra i vaccinati nel corso delle settimane.
L’analisi aggiustata ha mostrato un rischio significativamente più alto di influenza nei vaccinati:
HR = 1,27 (IC 95%: 1,07–1,51; P = 0,007)
L’efficacia vaccinale calcolata è risultata negativa: −26,9% (IC 95%: da −55,0 a −6,6%)
Conclusioni dello studio
Secondo gli autori, la vaccinazione antinfluenzale negli adulti in età lavorativa non ha ridotto il rischio di influenza, ma anzi lo ha incrementato in modo statisticamente significativo.
Ciò suggerisce che il vaccino non è stato efficace nel prevenire l’infezione durante la stagione virale 2024-2025.
Analisi e implicazioni
Questo risultato contrasta con le aspettative di efficacia del vaccino e conferma la necessità di rivalutare le strategie vaccinali stagionali.
Dopo la revisione dei dati, emerge che i vaccinati hanno mostrato una probabilità superiore del 27% di ammalarsi rispetto ai non vaccinati, nonostante i controlli statistici su età e professione.
Il report sottolinea anche il crescente scetticismo negli Stati Uniti verso le campagne vaccinali tradizionali: molti cittadini sono ormai stanchi di prodotti iniettabili ripetuti ogni anno e percepiti come inefficaci o dannosi.
Reazioni e sviluppi
La nuova amministrazione del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) avrebbe già ritirato la campagna del CDC chiamata “Wild to Mild”, che promuoveva il vaccino antinfluenzale.
Alla luce dei nuovi dati, alcuni esperti hanno ironicamente suggerito un nuovo slogan:
“Da moderato a selvaggio”.
Autore dello studio
Nicolas Hulscher, MPH
Epidemiologo e amministratore della McCullough Foundation
👉 www.mcculloughfnd.org
Scandalo Pfizer: scoperto il promotore cancerogeno SV40 nel vaccino anti-Covid
Si scopre che il contaminante cancerogeno SV40, capace di alterare il DNA, è contenuto nel nuovo vaccino contro il coronavirus della Pfizer.
di Corrado Cianchino PhD e Salvatore Calleri NatMed
Non sono solo la proteina spike e l’mRNA a destare preoccupazione: sia il vaccino Pfizer che quello Moderna presentano una contaminazione da DNA, con il prodotto Pfizer che contiene il promotore SV40.
Il microbiologo Kevin McKernan ha condotto uno studio pioneristico, analizzando alcune fiale di vaccino Covid-19. Ha scoperto livelli inaccettabili di plasmidi di DNA a doppio filamento, veri e propri contaminanti capaci di replicarsi nelle cellule umane e batteriche.
In un’intervista a Peter Sweden, la ricercatrice Sasha Latypova ha sottolineato che questa contaminazione è un grave pericolo:
“Si tratta di plasmidi replicativi che possono entrare nelle cellule umane e nei batteri dell’intestino, replicando geni di resistenza agli antibiotici. Possono causare sepsi, cancro e ogni genere di problema.”
Il Consiglio Mondiale della Sanità (WCH) ha lanciato un allarme chiaro:
“La contaminazione del DNA nei vaccini mRNA rappresenta un rischio per tutti sul pianeta.”
Il WCH ha chiesto l’immediata interruzione del programma vaccinale Covid-19 dopo la pubblicazione dell’articolo di McKernan et al. (2023).
Contaminazione da SV40 nei vaccini: il ritorno di un incubo sanitario
L’SV40 (Simian Virus 40) è stato identificato come il quarantesimo virus rilevato nelle cellule renali di scimmia rhesus utilizzate per la produzione del vaccino antipolio. Questo virus contaminò sia il vaccino antipolio inattivato (IPV) sia il vaccino antipolio orale vivo (OPV) sviluppato dal Dr. Albert Sabin.
Quando si scoprì che l’SV40 era un potente cancerogeno animale presente nel vaccino antipolio, nel 1961 venne approvata una legge federale che proibiva la produzione di vaccini contenenti tale virus.
Le scoperte recenti di McKernan e il caso Pfizer
Il ricercatore Kevin McKernan ha riportato alla luce lo spettro dello SV40 durante le sue analisi sul vaccino Pfizer contro il Covid-19. Le sue dichiarazioni hanno destato scalpore a livello internazionale, tanto da essere riprese anche da Kanekoa the Great, che ha diffuso due trascrizioni audio/video:
una sua intervista in cui McKernan spiega le scoperte,
una testimonianza di un professore giapponese che ha espresso forte preoccupazione.
Contaminazione del DNA e scoperta del virus SV40
In un’intervista a Conservative Review con Daniel Horowitz, McKernan ha denunciato la mancanza di controlli di qualità nella produzione dei vaccini a mRNA.
Se le sue scoperte venissero confermate, le conseguenze potrebbero essere devastanti:
“È presente sia in Moderna che in Pfizer. Abbiamo esaminato il vaccino bivalente Moderna e quello Pfizer, oltre al monovalente Pfizer. In tutti i casi, è stata rilevata contaminazione da DNA a doppio filamento. Il sequenziamento ha mostrato corrispondenza con il vettore di espressione usato per produrre l’RNA.”
“Ogni volta che rileviamo contaminazione da plasmidi di DNA in prodotti iniettabili, bisogna valutare se siano presenti endotossine di Escherichia coli, perché possono causare anafilassi. I dati VAERS mostrano già numerosi casi di reazioni gravi.”
“Nei campioni Pfizer è presente il promotore SV40, parte di un virus oncogeno. Non è l’intero virus, ma un frammento sufficiente a causare un’espressione genica aggressiva. La FDA stessa riconosce che il DNA a doppio filamento può integrarsi nel genoma, con rischi di attivazione oncogena.”
“Se si colloca un promotore SV40 davanti a un oncogene, si ottiene una forte espressione del gene cancerogeno. Non serve che molte cellule siano colpite per generare un danno rilevante. Questo richiama i precedenti scandali legati al vaccino antipolio.”
“Questi vettori plasmidici non avevano necessità di contenere promotori, eppure sono rimasti. Stiamo ora sviluppando test PCR quantitativi per rilevare la quantità di DNA circolante nei soggetti vaccinati.”
Il professor Murakami dell’Università di Tokyo ha espresso forti preoccupazioni:
“Abbiamo scoperto che la sequenza del vaccino Pfizer contiene il promotore SV40. Questo frammento, tipico dei virus oncogeni, non è necessario alla produzione di vaccini a mRNA. La sua presenza è inspiegabile e pericolosa.”
“Una tale sequenza favorisce l’ingresso del DNA nel nucleo, aumentando il rischio di integrazione nel genoma umano. È una situazione estremamente grave. Non c’è alcuna giustificazione scientifica perché un promotore cancerogeno sia incluso nel vaccino.”
La riscoperta del promotore SV40 nei vaccini a mRNA apre una ferita storica e scientifica. Dopo lo scandalo del vaccino antipolio negli anni ’60, questo virus torna oggi al centro di un allarme globale.
La domanda rimane aperta: si tratta di una svista, di negligenza o di un atto deliberato?
Le istituzioni sanitarie mondiali sono ora chiamate a rispondere di fronte a un potenziale crimine contro la salute pubblica.
Va-ccini Covid: gra-fene, mRNA e nanotecnologia – un’alleanza inquietante
28/09/2025 – di Corrado Cianchino PhD e Salvatore Calleri NatMed
I vac-cini Covid hanno generato una pericolosa e mortale alleanza tra gra-fene, mRNA e nanotecnologia.
Nel regno oscuro della nanotecnologia è emersa un’alleanza inquietante, con il potenziale di plasmare il nostro futuro in modi inimmaginabili.
Al centro di questa unione troviamo la presenza insidiosa delle nanoparticelle lipidiche, minuscoli vettori progettati per trasportare il materiale genetico in profondità nelle nostre cellule.
Dietro la loro facciata apparentemente innocua si cela però una realtà distopica, in cui i confini del controllo e della manipolazione umana si confondono.
A seguito della distribuzione delle iniezioni di Covid-19, è emersa un’inquietante alleanza tra nanobot di grafene, tecnologia mRNA e nanotecnologia, che getta un’ombra sinistra sul nostro futuro collettivo.
È nostro dovere denunciare le conseguenze distopiche, dannose e pericolose di questo scenario insidioso.
Nanotecnologia nei vaccini Covid-19
La nanotecnologia è diventata uno strumento sempre più diffuso nello sviluppo e nella somministrazione di farmaci e vaccini. Pfizer e Moderna, due dei principali attori nello sviluppo del vaccino contro il COVID-19, hanno utilizzato la nanotecnologia nei loro vaccini a mRNA.
Il vaccino Pfizer-BioNTech utilizza nanoparticelle lipidiche come sistema di somministrazione dell’mRNA che codifica la proteina spike del SARS-CoV-2.
Queste nanoparticelle incapsulano e proteggono l’mRNA, consentendogli di penetrare nelle cellule umane e indurre una risposta immunitaria.
Nanotecnologia nei vaccini Covid-19
Allo stesso modo, il vaccino Moderna utilizza nanoparticelle lipidiche per veicolare l’mRNA che codifica la proteina spike.
Le nanoparticelle lipidiche sono progettate per proteggere l’mRNA dalla degradazione e facilitarne l’ingresso nelle cellule umane.
Queste nanoparticelle lipidiche sono minuscole particelle composte da lipidi (grassi) che incapsulano i filamenti di mRNA e li proteggono dalla degradazione.
Sebbene questa tecnologia sia stata salutata come una svolta, solleva anche preoccupazioni circa i potenziali rischi e le conseguenze indesiderate.
Rischi delle nanoparticelle lipidiche
Una delle principali preoccupazioni è il loro potenziale di indurre risposte immunitarie dannose nell’organismo.
La composizione lipidica di queste nanoparticelle può innescare reazioni infiammatorie e attivazione del sistema immunitario, con effetti avversi.
Studi hanno dimostrato che alcune formulazioni lipidiche possono causare danni ai tessuti, infiammazioni e persino reazioni sistemiche.
Questi risultati sollevano interrogativi sugli effetti a lungo termine delle nanoparticelle lipidiche sulla salute umana.
Un altro aspetto critico riguarda la biodistribuzione delle nanoparticelle lipidiche all’interno dell’organismo. Dopo l’iniezione, queste nanoparticelle non restano confinate al sito d’ingresso, ma possono diffondersi in diversi organi e tessuti.
Se da un lato questa caratteristica è necessaria per veicolare efficacemente l’mRNA, dall’altro solleva interrogativi sull’eventuale accumulo e sulla persistenza a lungo termine in zone vitali. Gli studi finora condotti sono pochi e non forniscono risposte definitive sui possibili effetti tossici legati alla loro ritenzione.
Un ulteriore punto sensibile riguarda la salute riproduttiva: in alcuni test sugli animali, specifiche formulazioni lipidiche hanno mostrato la tendenza ad accumularsi negli organi riproduttivi, interferendo con la fertilità. Pur con dati ancora limitati, questo aspetto richiede grande attenzione, soprattutto considerando la diffusione mondiale dei vaccini basati su tali tecnologie.
L’ossido di grafene (GO) è un materiale relativamente nuovo e ancora non del tutto compreso. È stato dimostrato che può risultare tossico per cellule e tessuti umani. Se immesso direttamente nel sangue, potrebbe innescare processi ossidativi, danni al DNA, rottura delle membrane cellulari, coagulazioni anomale e infiammazioni sistemiche.
Il grafene, costituito da uno strato bidimensionale di atomi di carbonio disposti in reticolo esagonale, ha proprietà straordinarie (resistenza, flessibilità, conduttività). Tuttavia, la sua reattività con molecole biologiche lo rende potenzialmente pericoloso.
È proprio per questo che la notizia della sua presenza nei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna ha destato preoccupazioni crescenti negli ultimi anni.
Tecnologia mRNA: il disegno oscuro di Pfizer e Moderna
Al cuore di questa vicenda ci sono i colossi farmaceutici Pfizer e Moderna, che hanno promosso i vaccini a mRNA come svolta scientifica. Tuttavia, la realtà solleva dubbi legati a alterazioni genetiche, autoimmunità e perdita di autonomia corporea.
Studi indipendenti hanno evidenziato la presenza di ossido di grafene nei preparati anti-Covid, nonostante le smentite ufficiali. Tra questi, il Dott. Philippe van Welbergen ha documentato alterazioni nei globuli rossi e la formazione di fibre simili a grafene nei soggetti vaccinati, arrivando a sostenere che il fenomeno possa trasmettersi anche ai non vaccinati.
Di seguito è riportata un'immagine, tratta dallo studio del Dott. Philippe van Welbergen, di tipici globuli rossi sani visti al microscopio, che riproduce l'aspetto che dovrebbe avere il sangue. Non presenta coagulazione né corpi estranei.
L'immagine successiva mostra una persona a cui è stato iniettato il vaccino sperimentale a mRNA contro il Covid
Il sangue si coagula e i globuli rossi deformi si raggruppano.
La cellula cerchiata nell'immagine è un globulo rosso sano, uno dei pochi presenti, accanto a quelle che il Dott. Philippe van Welbergen sostiene essere fibre di grafene. Fibre di queste dimensioni ostruiscono i capillari.
Secondo il dott. Philippe van Welbergen, anche le fibre di grafene nell'immagine sono cave e contengono globuli rossi.
Analisi e immagini dello studio sono reperibili qui.
Cosa si è cercato di nascondere?
I documenti interni di Pfizer, resi pubblici solo grazie a un’ordinanza del giudice federale Mark Pittman nel 2022, hanno mostrato che nel processo di produzione era previsto l’uso di ossido di grafene.
Il sito PHMPT continua a pubblicare la documentazione rilasciata dalla FDA, inclusi file come 125742_S1_M4_4.2.1 vr vtr 10741.pdf, che riportano esplicitamente la necessità del grafene nella catena produttiva.
Il documento descrive uno studio condotto da Pfizer tra il 7 aprile 2020 e il 19 agosto 2020, con l'obiettivo di "esprimere e caratterizzare l'antigene del vaccino codificato da BNT162b2".
In parole povere, lo studio è stato condotto pe r determinare il funzionamento del vaccino. Lo studio ha scoperto che il vaccino utilizza l'mRNA per istruire le cellule a produrre una proteina (chiamata P2S), ovvero la proteina Spike del presunto virus COVID-19.
I milioni di proteine spike si legano poi a un recettore chiamato ACE2 sulla superficie delle cellule, inducendo una risposta del sistema immunitario.
Ma ciò che più preoccupa dello studio è la conferma a pagina 7 che l'ossido di grafene è necessario per produrre il vaccino Pfizer contro il Covid-19.
Pfizer afferma a pagina 7 dello studio nella sezione 3.4 quanto segue:
Pertanto, durante il processo di produzione, diversi fattori potrebbero potenzialmente introdurre contaminanti o materiali estranei nel vaccino. Tra questi, ovviamente, rientra la possibilità che quantità variabili di ossido di grafene (GO) penetrino nel prodotto finale.
Una potenziale fonte di contaminazione da ossido di grafene potrebbe essere l'uso di materie prime o reagenti che contengono la sostanza tossica o altri materiali a base di grafene.
Ad esempio, se uno dei reagenti utilizzati nel processo di produzione contiene ossido di grafene come contaminante, ciò potrebbe potenzialmente introdurre ossido di grafene nel vaccino.
Allo stesso modo, se le attrezzature utilizzate nel processo di produzione non vengono pulite o convalidate correttamente, ciò potrebbe portare alla contaminazione del vaccino con ossido di grafene.
Un'altra potenziale fonte di contaminazione da ossido di grafene potrebbe essere l'uso di filtri o altri materiali utilizzati per sterilizzare o purificare il vaccino.
Sebbene questi materiali siano progettati per rimuovere contaminanti e materiali estranei, potrebbero potenzialmente introdurre ossido di grafene nel vaccino se non sono progettati o convalidati correttamente.
Ma queste informazioni rappresentano solo la punta dell'iceberg.
Nanobot di grafene: tra medicina e sorveglianza
I nanobot di grafene, microstrutture programmabili, sono presentati come strumenti medici per terapie mirate. Ma la loro applicazione apre scenari inquietanti: possibilità di sorveglianza interna, manipolazione biologica, danni collaterali non controllati.
L’interazione con nanotecnologia e mRNA crea un intreccio distopico: infiltrazioni nei tessuti, rischi cardiovascolari, reazioni immunitarie e danni ancora sconosciuti.
La ricerca della verità
In un contesto dominato da silenzi e manipolazioni, la ricerca della verità diventa essenziale. Studi indipendenti, fonti libere e la richiesta di trasparenza e responsabilità sono strumenti cruciali per difendere salute e libertà individuali.
I rischi di questa triade – grafene, mRNA e nanotecnologia – non possono più essere relegati ai margini come “teorie”. La consapevolezza è l’unica difesa contro l’avanzata di un controllo globale che si cela dietro promesse di progresso scientifico.
Ci troviamo di fronte a una sfida epocale: le tecnologie che avrebbero dovuto salvare l’umanità rischiano di trasformarsi in strumenti di controllo e danno. Ogni nuova iniezione basata su mRNA, ogni applicazione nanotecnologica invasiva, ci avvicina a un futuro in cui individui e libertà vengono erosi passo dopo passo.
Pfizer e Moderna, insieme agli organismi che ne hanno supportato l’ascesa, non devono essere visti solo come aziende farmaceutiche, ma come attori chiave di un ingranaggio di potere globale.
L’umanità potrà salvarsi solo se sceglierà di non cedere, pretendendo chiarezza e opponendosi al silenzio complice.
Un'analisi della gestione delle sanzioni sui non vaccinati: il caso Italia
Di Corrado CianchinoPhD
Guardando la mappa, balza subito agli occhi un dato inquietante: l’Italia è stata tra i pochissimi paesi al mondo a introdurre multe contro i non vaccinati. Un piccolo punto rosso che diventa un’enorme questione di democrazia, di diritti e di libertà civili. Perché proprio qui?
Dalla legge Lorenzin al Covid: un laboratorio sociale
Il terreno era stato preparato già con la legge Lorenzin del 2017, che aveva reso obbligatorie dieci vaccinazioni per i bambini, pena l’esclusione dagli asili e pesanti sanzioni economiche per i genitori. Una misura che, per la prima volta, trasformava il tema sanitario in un campo di battaglia politico e sociale.
Con l’arrivo del Covid, questo modello punitivo si è amplificato. L’Italia ha imposto non solo l’obbligo vaccinale per determinate categorie lavorative, ma anche multe dirette per chi rifiutava il vaccino, fino a colpire gli over 50, minacciati da sanzioni di 100 euro.
Un gesto simbolico? Forse. Ma dal forte impatto psicologico: segnare a fuoco una parte della popolazione come “colpevole” e, di conseguenza, punibile.
Un esperimento di ingegneria sociale?
Qui nasce la domanda più scomoda: si è trattato davvero solo di salute pubblica o piuttosto di un esperimento di ingegneria sociale?
Perché l’Italia è stata scelta come apripista di queste misure estreme?
Chi ha deciso di trasformare i cittadini in cavie di un sistema di controllo sociale basato sulla paura e sulla punizione?
Se altri paesi hanno scelto la persuasione, perché in Italia si è preferita la coercizione?
Non si può ignorare il ruolo di una comunicazione politica martellante, che ha diviso il paese tra “buoni” e “cattivi”, vaccinati e non vaccinati. Una strategia che ha creato conflitto sociale, isolamento e stigmatizzazione.
Le conseguenze ancora oggi
Questa scelta ha lasciato una ferita aperta. Migliaia di persone si sono viste recapitare multe e cartelle esattoriali, spesso ancora in discussione. Altre hanno perso il lavoro o sono state sospese. L’immagine internazionale dell’Italia, intanto, è rimasta segnata: il solo paese in rosso sulla mappa, simbolo di un approccio punitivo unico al mondo.
Il quesito rimane: era davvero necessaria questa stretta? Oppure siamo stati teatro di un esperimento per misurare quanto i cittadini siano disposti a obbedire, persino quando si tratta di decisioni che toccano la sfera più intima della salute e della libertà personale?
Se fuori, come suggeriscono molti, non c’era altro che la “solita influenza”, allora la portata di questo esperimento assume un significato ancora più cupo. L’Italia, ancora una volta, potrebbe essere stata utilizzata come banco di prova. Un paese laboratorio, un popolo messo alla prova.
La domanda è: abbiamo imparato qualcosa oppure rischiamo di ricadere nello stesso schema alla prossima emergenza?
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