REQUIEM PER IL CARNISMO – Ovvero come la necrofagia animale ha i giorni contati
di Fabrizio Dresda
di Fabrizio Dresda
Nonostante le numerose evidenze scientifiche che mostrano inequivocabilmente i danni fisiologici ed ambientali del consumo di carne, una fetta consistente della opinione pubblica e della comunità scientifica, sicuramente a causa dell’assuefazione alla necrofagia, continua a bandire la necessità del suo consumo. Non solo, anche parti di una cultura alimentare critica verso l’establishment (si veda istintoterapia, paleodieta, crudisti, ecc.) vede nel consumo di cadaveri animali una necessità biologica. Considerato tutto ciò ci siamo permessi, seppure in sintesi (o meglio ancora in pillole), di voler ritornare sull’argomento per metterci una volta per tutte una pietra tombale. Insomma un requiem per il carnismo (in attesa di un futuro requiem per la necrofagia vegetale) in 90 punti che nella smorfia rappresentano la paura.
- Il consumo di carne[1] e in generale di prodotti animali è un’aberrazione ingiustificabile dal punto di vista etico, biologico ed ecosistemico. Dal punto di vista etico, in quanto si basa sulla sofferenza inflitta ad altri esseri viventi; dal punto di vista biologico in quanto l’uomo non è un animale carnivoro, ma frugivoro e i prodotti animali sono incompatibili con il nostro benessere psico-fisico; dal punto di vista ecosistemico in quanto la zootecnia rappresenta la prima forma di inquinamento e distruzione del pianeta, e questo per produrre un cibo per noi umani che non esiste in natura. Il consumo di carne non è altro che un atto di abietta necrofagia.
- C’è chi sostiene che dato che l’uomo è fatto di carne, deve nutrirsi di carne poiché la carne si genera dalla carne (?!?). Quindi la mucca che mangia l’erba da dove prende la carne? Ma se questo delirio fosse vero allora la carne umana dovrebbe essere la migliore, la più indicata per produrre carne umana. In fondo l’antropofagia, il cannibalismo, è il destino della necrofagia civilizzata.
- L’anatomia e la fisiologia comparate sono impietose al riguardo in quanto dimostrano, senza tema di smentita, le differenze profonde tra un animale carnivoro e un animale frugivoro, e dimostrano chiaramente come l’uomo appartenga al di là di ogni ragionevole dubbio agli animali frugivori. Di seguito citiamo solo alcune delle differenze tra la specie umana e gli animali carnivori giusto per intenderci sull’argomento.
- Il cibo per prima cosa deve essere masticato, quindi la dentatura di un animale è chiaramente prova del tipo di cibo che può mangiare. La dentatura umana è una dentatura bunodonte come quella dei primati frugivori, a differenza degli animali carnivori in possesso di una dentatura secodonte atta a macellare le proprie prede.
- La lingua dei carnivori presenta delle papille spinose per raschiare le ossa delle prede (importante fonte di minerali), cosa che ovviamente la specie umana non possiede.
- Il sistema visivo è importante per acquisire l’informazioni ambientali per raggiungere il cibo specifico. Gli animali carnivori hanno un sistema visivo principalmente dinamico, atto a vedere meglio le cose in movimento che quelle statiche (cioè per avvistare ed inseguire le proprie prede quasi sempre animali erbivori molto veloci)[2]. Viceversa il nostro sistema visivo vede meglio le cose ferme, e non a caso la frutta non si muove.
- Per catturare una preda non abbiamo artigli ma una mano prensile per raccogliere frutti, non abbiamo zanne e nemmeno lo scatto fulminante del felino (che raggiungono anche la sbalorditiva velocità di 120 km/h)
- Si consideri che i lupi (che sono carnivori!) devono cacciare in branco per riuscire a cacciare la loro preda specifica, cioè l’alce, e riescono a catturarne non più di 8 all’anno. Questo la dice lunga su come la fettina al supermercato dell’allevamento industriale sia solo una follia.
- Per digerire i cadaveri animali, i carnivori hanno, a livello gastrico, hanno una produzione di acido cloridrico notevolmente maggiore di quella umana (fino anche a 20 volte di più).
- Il sangue dell’uomo è leggermente alcalino (ph 7,4), quello degli animali carnivori è tendenzialmente acido (in media tra presenta un ph tra 6 e 7)
- La lunghezza dell’intestino negli animali carnivori è decisamente minore di quella della specie umana[3] per consentire il transito veloce delle preda divorata ed evitare la conseguente e devastante putrefazione di questa, cosa che avviene puntualmente nell’intestino umano quando l’uomo mangia la carne.
- L’intestino dei carnivori a differenza di quello umano è liscio per permettere una più veloce espulsione dei cadaveri ingeriti.
- Gli animali carnivori per smaltire i prodotti tossici generati dalla digestione dei tessuti animali hanno a differenza dell’uomo fegato e reni più grandi (in media un volume 2-3 volte superiore)
- Si da il caso che gli uomini grandi consumatori di prodotti animali soffrono di ipertrofia epatica e renale, con tutte le relative gravi disfunzioni che ne conseguono.
- La tossicità dei prodotti animali è data sia dalle tossine presenti (endogene, assorbite per via alimentare, ecc.), dalla sbilanciatissima composizione biochimica dei nutrienti, dalla cottura e degli effetti nefasti della putrefazione digestiva a cui vanno incontro nel nostro sistema digerente esclusivamente fruttivoro.
- I prodotti animali sono privi di fruttosio (presente in parte solo nel miele) che è il carburante fondamentale dell’organismo umano[4], e solo questo fatto li esclude totalmente dall’alimentazione umana. D’altronde, come già indica il nome stesso, il fruttosio si trova quasi esclusivamente nella frutta. In ogni caso i prodotti animali sono privi di carboidrati di qualsiasi tipo (presenti solo nel latte e nel miele, cioè il latte delle api), fatto assolutamente grave considerato che il metabolismo umano è un metabolismo glucidico.
- I carboidrati presente nel latte (che è privo di fruttosio) non sono idonei per un uomo adulto privo degli enzimi (lattasi, galattasi, ecc.) atti a digerirlo. Mentre il miele si rivela iperglicemizzante in quanto presenta quantità elevate di glucosio ed è povero d’acqua. Inoltre è tossico per le molte sostanze nocive presenti come per esempio l’acido formico (vi ricordate le meduse a mare?).
- Il mito della necessità dei prodotti animali si basa sul mito del fabbisogno proteico[5]e della presunta presenza di proteine nobili. Ovviamente si tratta di fesserie. Innanzitutto se avessimo avuto bisogno della carne e della quantità abnorme di proteine in essa presenti la natura ci avrebbe fatto carnivori e non frugivori. E già solo questo basterebbe a chiudere il discorso.
- Si tenga presente che il latte materno ha una percentuale media, intorno al primo anno di vita, di circa l’1% di proteine destinata a scendere ulteriormente negli anni successivi, invece il latte materno per gli animali carnivori ha un valore proteico medio di circa 9-10%; ciò giustifica ampiamente l’alimentazione iperproteica dei carnivori a confronto di quella di una specie frugivora come quella umana.
- In realtà ciò di cui abbisogna l’uomo non è tanto delle proteine in sé ma degli aminoacidi, le proteine non sono altro infatti che un insieme di aminoacidi. Ebbene la frutta contiene non solo tutti gli aminoacidi necessari alla sintesi proteica, ma è l’unico alimento che ne contiene nella giusta quantità e nella giusta proporzione reciproca.
- Per fare solo un esempio la carne ha elevate quantità di due aminoacidi (fenilalanina e tirosina) che sono i precursori delle catecolamine, ovvero i neurotrasmettitori dello stress e dell’aggressività.
- Il latte e i formaggi invece hanno una quantità elevata di caseina che si trasforma nei peptidi oppiacei, casomorfine, ed inoltre tende a cagliare nel nostro intestino, alterandone la permeabilità e promuovendo infiammazioni sistemiche.
- In ogni caso dato che la carne viene mangiata cotta dall’uomo (a differenza dei carnivori veri) le proteine vengono denaturate dalla cottura, perdendo ancora di più in valore biologico.
- Le proteine denaturate concorrono alla formazione della sostanza amiloide che porta alla degenerazione neurologica.
- Inoltre, la cotture ad alte temperature (come frittura o ai ferri) trasforma le proteine nelle tossiche e cancerogene amine eterocicliche.
- I prodotti animali, infatti, presentano quantità massacranti di proteine (fino anche al 30%) e grassi (fino anche al 40%) che devastano lentamente il nostro organismo.
- Considerate che il QR (quoziente respiratorio), cioè la quantità di ossigeno per metabolizzare i nutrienti, è ottimale solo con i glucidi (QR=1) mentre grassi e proteine hanno un rapporto decisamente sfavorevole (le proteine hanno un QR=0,8; i grassi hanno invece un QR=O,7).
- Se consideriamo invece l’Azione specifica degli alimenti, cioè come viene accelerato il metabolismo, anche qui i numeri parlano chiaro di come proteine e grassi stressano e logorano enormemente il nostro organismo: se infatti i glucidi determinano un aumento delle attività metaboliche del 6%, i lipidi invece del 14%, mentre i protidi determinano addirittura un aumento del 30%.
- La quantità elevate di proteine affatica i reni per via dell’enorme quantità di scorie azotate prodotte, favorendo in questo modo anche la formazione di calcoli renali.
- Si può vedere la non sostenibilità del consumo di prodotti animali anche considerando il rapporto presente tra carboidrati e proteine. Il latte materno indica un rapporto medio tra carboidrati e proteine di circa 8:1 che diventa alla fine della lattazione naturale (intorno ai 5-6 anni) di circa 20:1, ebbene queste percentuali sono in linea solo con la frutta. Il latte vaccino per esempio ha un rapporto di medio di 2:1, la carne addirittura uno medio di 0:20.
- I prodotti animali (a differenza della frutta) non hanno praticamente fibre, cosa che li rende particolarmente nocivi; una alimentazione, infatti, povera di fibre è causa di numerose patologie, a cominciare da quelle a carico del colon.
- I prodotti animali sono ricchi di una sostanza tossica (mutagena e cancerogena) come l’aldeide malonica che deriva dall’ossidazione dei grassi animali. Questa aumenta la sua concentrazione durante la putrefazione e durante la cottura (in particolare alla griglia).
- Si tenga presente che quando un animale viene macellato, le sostanze di scarto che normalmente sarebbero state eliminate dal flusso sanguigno rimangono nella carne in via di putrefazione. Questo vuol dire che, mangiando carne, si introduce nel proprio corpo rifiuti tossici che normalmente l’animale avrebbe eliminato con l’urina. Tanto che se si fa bollire la carne di manzo, per esempio, i rifiuti appaiono sulla superficie nella forma di un estratto solubile che, all’analisi chimica, risulta essere molto simile all’urina.
- La putrefazione consiste nella distruzione degli amminoacidi, con conseguente sviluppo di composti fortemente tossici: le ptomaine, ovvero gli alcaloidi cadaverici aromatici della putrefazione. Le ptomaine sono dei derivati del metabolismo dell’azoto (scatolo, indolo, neurina, ammoniaca, ammine, cadaverina, putrescina, ecc.)e dello zolfo (idrogeno solforato, mercaptani, ecc.). I primi si riconoscono per il tipico odore pungente e sgradevole come, ad esempio, quello del pesce marcio. I secondi invece si riconoscono per l’odore sgradevole come le uova marce. Sono sostanze altamente tossiche, che si producono soprattutto durante la frollatura (la fase di stagionatura della carne).
- Oltre a quelle prodotte dalla putrefazione, vi sono presenti poi altre sostanze particolarmente tossiche come le leucomaine (alcaloidi derivanti dalla disammilazione delle sostanze albuminoidi dei tessuti viventi), le basi creatiniche, le purine, l’ammoniaca, l’urea, l’acido urico, la creatinina(anidride della creatina), l’acido ippurico (cristalli bianchi, inodori, solubili in alcool e acqua, prodotti di ossidazione delle proteine). Si tratta di cataboliti di scarto, più o meno tossici, presenti nell’organismo dell’animale in vita. Queste sostanze sono responsabili, in particolare, di gotta e immunodeficienza.
- Il consumo di carne porta oltre la produzione di catecolamine endogene, come risposta all’insulto tossico, anche all’assunzione massiccia di quelle prodotte dall’animale, dato che gli animali, sentendo che saranno uccisi, liberano nel sangue dosi considerevoli di adrenalina, cioè il neuroormone della paura. L’adrenalina, assunta con i prodotti animali, predispone all’insorgenza di sindromi ansiogene, ed aumenta in modo considerevole l’aggressività e il nervosismo.
- I prodotti animali sono tutti fortemente acidificanti ed ossidanti per il nostro organismo che ha invece un ph ematico leggermente alcalino (ph 7,41). Procurano quasi tutti importanti fenomeni di demineralizzazione (decalcificazione[6], deplezione di magnesio e potassio, ecc.) e disidratazione.
- La carne cruda, senza frollatura, è immangiabile visto che in seguito all’abbattimento dell’animale, i muscoli vanno incontro all’irrigidimento cadavericoo rigor mortische compare già alcune ore dopo la morte, risultando assolutamente non commestibile.
- Un’immagine edenica e caratteristica di frollatura e putrefazione era quella dei vecchi cacciatori che facevano frollare all’aperto la selvaggina, e, come nel caso delle lepri, ad esempio, aspettavano la comparsa dei primi vermi nell’ano della bestia. Davvero, un bocconcino prelibato.
- Senza frollatura, niente carne. Infatti, fino a quando permane la rigidità cadaverica, la carne non è adatta per l’alimentazione essendo dura, filosa e stopposa (una meraviglia, insomma). Solo dopo il processo di frollatura (o proteolisi), il muscolo diventa vera e propria carne alimentare. La proteolisi è praticamente una putrefazione controllata che avviene a basse temperature per evitare la putrefazione immediata , cioè mantenendo la carne a 0-4 °C e ad un’umidità relativa del 75% per un periodo di 10-14 giorni dopo la macellazione.
- La proteolisi (frollatura) e la putrefazione sono due processi fra loro strettamente correlati in quanto il primo è il preludio al secondo e, in parte, si sovrappongono con intensità via via crescente con l’avanzare della putrefazione organica. La proteolisi consiste nella rottura della struttura primaria delle proteine e nello sviluppo relativo di catene polipeptidichepiù piccole e di amminoacidi liberi. Se la proteolisi migliora, solo molto parzialmente, la digeribilità delle proteine, comporta invece una sostanziale riduzione del loro valore nutritivo.
- Il consumo di carne, tanto più cotta, porta ad una inevitabile disidratazione dato che l’uomo, a differenze dei carnivori, non ne beve nemmeno il sangue fresco. Di conseguenza il carnismo porta a dover di idratarsi con acqua inorganica, non idonea per l’uomo. A differenza della frutta che è fatta in gran parte di acqua organica biocompatibile con la specie umana. Già solo questo fatto di importanza capitale, sarebbe sufficiente ad archiviare il discorso sul carnismo dell’uomo addomesticato.
- La carne è talmente tossica che gli stessi animali carnivori sono gli animali che vivono di meno, in media 10-15 anni per i predatori di terzo livello (chi preda animali erbivori), anche meno di dieci anni dei predatori di quarto livello (chi preda animali carnivori o mangia i resti)[7]. Inoltre gli animali carnivori (in particolare gli animali spazzini) sono i soli che tendono di più ad ammalarsi anche in natura, sono più aggressivi, devono dormire o riposare quasi tutto il giorno ed hanno solitamente un cattivo odore.
- Gli animali carnivori, essendo fortemente distruttivi di risorse, in quanto la loro catena alimentare prevede la morte di altri animali e delle piante di cui quest’ultimi si sono cibati, sono quelli che più vanno contro il principio della minima energia e quindi producendo entropia al massimo grado nell’ecosistema sono le specie per prime destinate all’estinzione così come è già avvenuto diverse volte nel corso della storia biologica.
- Esperimenti condotti con scimmie, ovviamente in stato di cattività, hanno dimostrato l’assoluta impossibilità per animali con una dentatura bunodonte (come quella umana), idonea solo per mangiare frutta, di poter masticar la carne cruda. Infatti, per poter masticar un semplice pezzo di carne cruda impiegavano dalle 6 alle 7 ore di tempo. Si tenga presente che il muscolo, non lavorato, è attraversato dall’endomisio, cioè tessuto connettivo, assolutamente non commestibile per animali frugivori senza la struttura carnassiale dei molari secodonti degli animali carnivori.
- Gli uomini civilizzati tra l’altro mangiano fondamentalmente solo il muscolo dell’animale (la cosiddetta ‘fettina’, detta anche ‘suola di scarpe’), gli animali carnivori si cibano anche, se non soprattutto, di tutto l’animale morto a cominciare dagli organi interni (le interiora, i visceri) bevono il sangue e rosicchiano le ossa, questo per idratarsi e rifornirsi di minerali e vitamine.
- La carne cruda oltre che non commestibile (soprattutto senza frollatura) risulta essere una bomba batteriologica per la presenza di numerosi microrganismi impegnati nel processo di degradazione organica (la putrefazione) e molti di questi microrganismi sono nocivi e non compatibili con la nostra flora microbica endogena, si pensi solo per citarne alcuni tra i più virulenti: Salmonella, Campylobacter, Escherichia coli, ecc.
- I carnivori mangiano la carne cruda e fresca, subito dopo aver appena uccisa la preda con il sangue colante.
- Non mangiando carne cruda dobbiamo cuocerla, ma la cottura se da un lato rimedia ad alcune problematiche (per esempio la commestibilità) ne crea delle altre non meno gravi. Per esempio soprattutto la cottura all’alte temperature (tipo alla brace, alla piastra, soffritta, ecc.) genera sostanze mutagene e cancerogene come amine eterocicliche, benzo-a-pirene, metilcolantrene, ecc.
- Noi, oltre a non essere strutturalmente capaci nè di cacciare e né di nutrirci di carne cruda, istintivamente rifuggiamo alla vista del sangue, a differenza dell’animale carnivoro che invece ne viene attratto. Infatti l’animale carnivoro ha dalla sua, proprio per la sua alimentazione predatoria, una aumentata produzione di catecolamine e di conseguente possiede un’aggressività che gli è necessaria per uccidere e sbranare.
- Non a caso gli uomini che si nutrono di prodotti animali in gran quantità, sviluppano una maggiore aggressività, per l’aumentata produzione di catecolamine. Infatti all’esercito inglese spesso veniva dato un lauto pasto a base di cadaveri animali per aumentarne la spietatezza e la crudeltà in campo di battaglia.
- L’elevata quantità di proteine, di ormoni endogeni[8] e di poliammine[9] dei prodotti animali ha notoriamente un forte effetto anabolizzante sul nostro organismo
- I prodotti animali incidono in modo fortemente negativo sullo sviluppo e le performance del nostro sistema cognitivo, poiché determinano acidosi, ipossia, disidratzione, demineralizzazione, ecc. tutti processi che sono fatali per i nostri neuroni.
- Si pensi solo per fare un esempio che moltissime tra le menti considerate più eccelse dell’umanità seguivano una dieta vegetariana/vegana, solo per citarne alcuni tra gli antichi e i moderni ricordiamo: Socrate, Sofocle, Pitagora, Esiodo, Eschilo, Sofocle, Euripide, Platone, Plutarco, Epicuro, Aristotele, Erodoto, Ippocrate, Galeno, Lucrezio, Virgilio, Orazio, Cicerone, Ovidio, Giovenale, Seneca, Plotino, Marco Aurelio, Leonardo Da Vinci, Shalespeare, Leibniz, Montaigne, Bacone, Tommaso Moro, Milton, Locke, Newton, Pascal, Rousseau, Voltaire, Spinoza, Tiziano, Goethe, Schelling, Shelley, Cuvier, George Bernard Shaw, Van Gogh, Paganini, Feuerebach, Stuart Mill, Flaubert, Hugo, Wagner, Nietzsche, Montessori, Gustav Mahler, Einstein, Lorenz, Tesla, Thoreau, Emerson, Dostoevskij, Tolstoj, Kafka, Freud, Jung, Fromm, Aldo Capitini, Marcuse, Gandhi, Huxley, Bertrand Russell, etc etc (ad libitum). Giusto per citarne solo alcuni. Praticamente quasi tutto il gotha della cultura occidentale.
- Non a caso anche la sapienza antica ci ammoniva sul fatto di cibarci di cadaveri e nutrirci della morte e sofferenza degli altri esseri viventi, cosa che l’uomo avrebbe pagato a caro prezzo con malattia, guerra, vecchiaia e morte. Significativo al riguardo è “l’occhio per occhio” vetero testamentario o il il famoso detto orientale che “ciò che uccidi, ti uccide”.
- Se analizziamo il consumo di prodotti animali anche dal fondamentale punto di vista biofisico, cioè dell’emissione di energia, notiamo che per esempio la carne di un animale appena morto non supera i 3000 angstrom (misura della lunghezza d’onda), ma man mano che va in putrefazione il suo valore scende ulteriormente. La carne cotta, lavorata e via dicendo, ha un valore che è praticamente ZERO. Viceversa la frutta fresca si aggira tra almeno i 9000 e i 10000 angstrom, cioè in linea con l’esigenza nutrizionali dell’organismo umano, che, dal punto di vista biofisico, richiede l’assunzione di cibo con una energia vitale mai sotto i 6-7000 angstrom. Infatti un organismo con frequenze minori è in uno stato patologico. Inoltre, il cibo incide con il suo apporto di energia a livello spirituale e psichico visto che la carne, tanto più cotta, incide sul piano mentale ed emotivo. Infatti è tipico la conseguente perdita in sensibilità e profondità di pensiero e di sentimento.
- La carne (come latte, uova e formaggi) ha un’altissima percentuale di colesterolo e di grassi saturi, che sono tra i principali responsabili di numerose patologie particolarmente gravi e diffuse, come quelle cardiovascolari.
- I prodotti animali sono ricchi di purina (le basi azotate del DNA) che producono come scarto metabolico, una grande quantità del supertossico acido urico. L’uomo, a differenza degli animali carnivori, però non possiede (poiché non è geneticamente attivato) il fondamentale enzima urato-ossidasi (uricasi) per metabolizzare e neutralizzare l’acido urico; la cui mancata metabolizzazione determina uricemia.
- Inoltre, non possiede gli enzimi proteolitici propri degli animali carnivori (per tipologia e quantità), per degradare le enorme quantità di proteine presenti nei prodotti animali. Questo accade perché, essendo l’uomo animale frugivoro, non necessità con il consumo di frutta di grosse quantità di enzimi per degradare le proteine, in quanto la frutta ha una quantità bassa di proteine rispetto ai prodotti animali (una media dell’1,1% contro una media del 10-15%) e presenta prevalentemente proteine già predigerite, cioè in forma di aminoacidi liberi.
- Infatti, mentre l’assimilazione delle proteine della frutta sono in media circa di quasi il 70% (con punte di quasi il 100% con la mela), invece con i prodotti animali è addirittura minore del 14%.
- Per quanto riguarda i minerali, nei prodotti e derivati animali, sono legati a proteine con funzioni di deposito a livello dei vari organi e tessuti, cioè il minerale viene accumulato per poi essere liberato al momento del bisogno dell’animale, ma tale meccanismo cessa di esistere nell’animale non più in vita; di conseguenza, quando ci si nutre di cadaveri animali, la biodisponibilità dei minerali presenti è praticamente nulla.
- A testimonianza la ampia diffusione di anemia ferropenica anche tra grandi consumatori di prodotti animali. Il ferro-eme presente nella carne non solo ha una scarsa assimilibiltà ma genera anche importanti fenomeni ossidativi (simili a quelli prodotti dalle radiazioni ionizzanti).
- Si aggiunga che poi il processo di cottura completa l’opera portando ad ulteriore perdita di una parte dei minerali presenti o comunque ad una amcora più scarsa biodisponibilità[10].
- I prodotti animali hanno valori eccessivi di fosforo (il quale deve essere in un rapporto equilibrato con il calcio) che determina ipocalcemia, e diversi problemi da quelli cardiovascolari a quelli renali (fino alla gravissima insufficienza renale cronica).
- Si tenga conto che gli stessi ricercatori della Cornell University hanno approntato per la NASA, un menu giornaliero, per prevenire la demineralizzazione a cui vanno incontro gli astronauti in orbita, assolutamente privo di prodotti animali.
- I prodotti animali sono tra i primi imputati nell’eziologia di quasi tutte le più gravi patologie da quelle tumorali a quelle cardiovascolari[11], fino a osteoporosi, problemi renali, ormonali e neurologici.
- A tutto questo va aggiunto come aggravante tutto l‘arsenale chimico e farmacologico somministrato agli animali da allevamento (e da macello) tramite mangimi[12] e farmaci vari (ormoni anabolizzanti, antibiotici, prodotti ogm, ecc.) o con cui vengono trattati i prodotti finiti (conservanti nitriti[13], zucchero, sale, acidi vari, ecc.)
- I prodotti animali per il fenomeno della bioamplificazione (o biomagnificanza), connessa alla predazione nella catena alimentare, contengono residui tossici[14]circa 14 volte superiori a quelli presenti nei vegetali (basti pensare alle quantità superiori di metilmercurio contenuti nei pesci di grossa taglia come i tonni).
- A questo conto vanno aggiunto le endotossine proprie di ogni specie animale (cardiotossine, neurotossine, epatotossine, nefrotossine, ecc.).
- Uno dei motivi fondamentali per i quali i cadaveri animali sono più tossici di quelli vegetali è proprio perché la necrofagia vegetale si nutre di un cadavere (quello vegetale appunto) mentre la necrofagia animale si nutre di almeno due cadaveri (quello animale e quello vegetale mangiato dall’animale stesso). Motivo per cui l’uomo, inconsciamente, ha quasi sempre preferito nutrirsi di animali erbivori (mucche, cavalli, maiali, conigli, polli, tacchini, ecc.) che di animali carnivori, per evitare di doversi mangiare tre cadaveri in decomposizione.
- La maggior parte degli animali di cui si nutre l’uomo civilizzato (si pensi ad esempio a cinghiali, bisonti, cervi, alci, renne, pecore, capre, cavalli, mucche, galline, ecc.) sono di origine extratropicale quindi propri di un habitat diverso da quello originario umano[15].
- Anche le statistiche demografiche ed epidemiologiche parlano chiaro riguardo l’incidenza nefasta del consumo dei prodotti animali nel corso della storia recente e passata. Infatti, l’uomo cacciatore del paleolitico aveva una aspettativa media di vita tra i 16 e i 20 anni, 25 nel migliore delle ipotesi, e presentava una mortalità infantile con percentuali bulgare (solo meno del 10% degli individui raggiungeva i 60 anni).
- Ancora oggi, popolazioni come gli esquimesi, che hanno attualmente un consumo di carne di circa il 60%, presentano una altissima mortalità infantile ed una aspettativa media di vita intorno ai 30–35 anni.
- Viceversa, le popolazioni più longeve al mondo, che presentano una bassa mortalità infantile e con una aspettativa media di vita alta (fino persino ai 120-130 anni), sono proprio quelle come gli Hunza (Caucaso) o le popolazioni indigene di Vilcabamba (Ecuador), che hanno una alimentazione prevalentemente frugivora.
- Lo stesso aumento delle aspettative di vita nella prima metà del Novecento, nei paesi occidentali, non a caso, è stato reso possibile principalmente dall’aumento esponenziale della disponibilità di frutta, tramite lo sviluppo dei trasporti e dei sistemi di refrigerazione che hanno permesso il consumo di frutta, anche a latitudini (extratropicali) durante i mesi invernali. Qui, soprattutto in inverno, la presenza di frutta (idonea alla specie umana) scarseggiava od era totalmente deficitaria; infatti, l’unico tipo di frutta facilmente reperibile erano gli agrumi, cioè frutta acida assolutamente non idonea per il consumo umano.
- Il maggiore consumo di frutta, migliorando le difese immunitarie, ha permesso la drastica diminuizione delle malattie infettive, che costituivano, fino alla prima metà del Novecento, la prima causa di morte.
- Si tenga conto, inoltre, che fino, ancora, alla prima metà del Novecento, il consumo di carne, per la stragrande maggioranza della popolazione, era decisamente minimo, se non addirittura eccezionale, tanto da ridursi, se andava bene, ad una volta alla settimana, se non proprio una volta al mese. L’aumento vertiginoso del consumo di prodotti animali nella seconda metà del Novecento (di oltre 100 volte maggiore) ha invertito il trend della aspettative di vita, ora non più in crescita ma addirittura in calo, con il relativo aumento della mortalità dovuto adesso soprattutto a malattie cronico-degenerative (tumori, diabete, infarto, ecc.). Dato che il maggiore consumo di frutta ha permesso di contenere, nel breve tempo, la patologia acuta (infettiva), viceversa l’aumento del consumo dei prodotti animali ha favorito però la diffusione di patologie a carattere cronico-degenerativo, cioè alla lunga l’intossicazione del cibo aspecifico più tossico (come i prodotti animali) tende inevitabilmente a essere devastante.
- La zootecnia rappresenta la più grande forma di distruzione dell’ecosistema, dato che occupa da sola oltre 3,5 miliardi di ettari (sì avete letto bene!) del terreno antropizzabile (cioè idoneo per l’uomo)[16] che comportano una distruzione di suolo monumentale (desertificazione) e un consumo di risorse mostruoso (petrolio, carbone, acqua, ecc.).
- Si pensi che per produrre solo 1kg di carne c’è bisogno di almeno 15000 litri di acqua(!).
- Solo negli Stati Uniti l’85% delle terre coltivabili è impiegata per la zootecnia, con devastanti conseguenze di deforestazione, desertificazione, erosione del suolo e perdita di humus.
- La distruzione di terreni agricoli da parte della zootecnia è la prima causa della fame del mondo.
- Per ogni 16 kg di cereali impiegati come mangime animale, otteniamo solo 1kg (circa lo 0,6%!) mentre i restante 15 kg finiscono come letame, responsabile dell’inquinamento di oltre la metà delle riserve idriche
- Si è calcolato che ogni persona che consuma prodotti animali, sta producendo almeno un acro (5000mq) di deforestazione all’anno.
- La zootecnia divora circa il 70% risorse idriche
- La zootecnia è responsabile di oltre la metà della produzione di gas serra
- La zootecnia divora solo negli Stati Uniti circa il 30% delle materie prime (petrolio, gas, carbone, ecc.)
- E’ stato calcolato da Fields e Hur, due economisti della Cornell University, che senza i costi della zootecnia il governo federale risparmierebbe circa 80 miliardi di dollari all’anno.
- D’altronde anche l’UNED (l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo sostenibile) in un rapporto del 2012 affermava che se l’umanità non dovesse ridurre drasticamente (leggasi eliminare) i consumi di prodotti animali entro 20-30 anni il nostro ecosistema sarebbe sull’orlo di un collasso senza precedenti.
- Alcuni di questi dati servono solo per dire che il consumo di prodotti animali oltre che immorale e fisiologicamente patologico e dal punto di vista ambientale insostenibile tanto da costituire la prima causa della devastazione ecologica che oggigiorno ci attanaglia.
- Se l’umanità non vuole avere come specie i giorni contati deve rendersi presto conto che la bistecca (come il provolone) hanno ormai i giorni contati.
[1] Per la precisione per carne s’intende il muscolo dell’animale, qui per semplicità intendiamo qualsiasi tessuto o organo animale bovino, equino, suino, ittico, ecc.
[2] Non a caso tutti sanno che bisogna rimanere fermi di fronte ad un cane ostile
[3] Gli animali carnivori hanno in media un intestino lungo 3 volte il proprio tronco, mentre l’intestino umano è lungo circa 12 volte il proprio tronco.
[4] rapporto fruttosio e glucosio, in termini di produzione di ATP, cioè di energia, è di 13 a 1
[5] Il mito dell’alto fabbisogno proteico della specie umana deriva da studi condotti nel ‘57 da Rose sui topi che hanno un fabbisogno proteico 9 volte superiore a quello umano (infatti il latte materno dei topi ha circa il 9% di proteine)
[6] Per esempio, procurano una notevole escrezione urinaria di calcio
[7] Lo sciacallo per esempio ha una vita media di 8-9 anni
[8] senza considerare quelli di sintesi utilizzati negli allevamenti intensivi per far accrescere velocemente gli animali
[9] Sostanze che inoltre promuovono la crescita tumorale, cioè sono cancerocinetiche
[10] La cottura tende a trasformare i minerali da organici ad inorganici.
[11] Tumori e malattie cardiovascolari rappresentano le prime due cause di morte per malattia
[12] Nei mangimi animali viene messo di tutto, anche residui di oli minerali utilizzati per automobili
[13] Conservanti, utilizzati per conservare il colore alla carne (o ai salumi), estremamente tossici
[14] Sia di origine industriale e sia di origine naturale
[15] D’altronde anche animali domestici, come cani e gatti, sono di origine extratropicali
[16] Quindi escludendo dalle terre emerse, laghi, mari, fiumi, ghiacciai, deserti, catene montuose inospitali, ecc.
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